Delitto e perdono
La pena di morte nell'orizzonte mentale dell'Europa cristiana. XIV-XVIII secolo
ISBN: 9788806209193
editore: Einaudi
anno: 2013
pagine: 577
Come ogni dramma teatrale, ciò che manteneva alta la tensione degli spettatori era l'incertezza dell'esito. Erano in gioco due vite, quella del corpo e quella dell'anima e tutte e due rimanevano in pericolo fino alla fine: una fine che si prolungava oltre l'esecuzione, quando il corpo rimaneva esposto alla folla, talvolta squartato e infilzato sulle picche talvolta pendente dalla forca, talvolta ancora "sparato" dai chirurghi nel rito della "notomia" pubblica. La sorte del corpo e quella dell'anima entrarono a far parte dei dialoghi che si svolsero tra il condannato e la folla per incanalarsi poi all'interno del confronto tra il condannato e gli esperti nell'arte del conforto, i membri di confraternite che si specializzarono in questa funzione e che, fiorite inizialmente nell'Italia centrosettentrionale fra Trecento e Quattrocento, si diffusero in seguito in tutta Europa.
«Quella di Prosperi è una storia notturna del patibolo - preparata in anni di indagini - che insiste sui nodi cari all'autore: il concreto esercizio della giustizia, i riti di passaggio di un mondo perduto (nascita, perdono, morte), il rapporto tra cristianità e forme del potere. … Prosperi intende parlare di una giustizia meno eclatante che volle perdonare e farsi perdonare, creare un purgatorio, ammazzare con il consenso dei sentenziati, strappare l’anima al fuoco eterno… Il cristianesimo, ricorda Prosperi, approvò la morte per sentenza (e la guerra) fin dal momento in cui Teodosio dichiarò quella fede la sola lecita per l'impero; e da allora (da Agostino) quanto aveva scritto Paolo ai romani (il potere emana da Dio) servì a stabilire che per la giustizia pubblica non valevano né il quinto comandamento né le pagine più perturbanti del Nuovo Testamento». Vincenzo Lavenia, L'Indice